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“Atterraggio ad Addis Abeba di primo mattino. Il cielo, che a 11 mila piedi era illuminato da un sole splendente, diventa improvvisamente grigio e piovoso a terra. È la stagione delle piogge che andrà esaurendosi con il passare delle settimane e durerà fino a settembre.

Luglio è il mese più freddo, le scuole chiudono perché sarebbe difficile per molti bambini, raggiungere, quasi sempre a piedi, le loro scuole. A differenza che in molti altri Paesi dell’Africa, qui le scuole sono statali e gratuite.

Uscire dalla città si dimostra una impresa. Per percorrere pochi chilometri abbiamo bisogno di districarci in un traffico caotico per oltre un’ora prima di immetterci sulla strada che va a sud, la Valle dell’Omo, a 500 km dalla capitale. Lungo la via si susseguono villaggi, distese di capannucce di fango, rotonde, secondo l’iconografia delle capanne africane, talvolta a cubo, prodotte entrambe da una intelaiatura di rami di legno e da fango a chiudere le connessure.

Le strade sono state costruite per lo più dalla italiana Salini Impregilo e negli ultimi anni dai cinesi. Lungo di esse, ovunque, folle di persone brulicanti, vocianti e in marcia verso e da abitazioni disperse in un territorio vasto e brullo talvolta, tal altra verde e rigoglioso di banani, palme, sicomori e tamarici. Fa freddo.

L’altezza media è di 2 mila metri con punte di 2800 e 3000. A queste altezze i banani diventano falsi, cioè sterili di frutti, e la natura, disegnata dalle mani esperte dei coltivatori, presenta terrazzamenti regolari e fantasiosi, con campi minuscoli zappati a mano che ricordano vagamente i terrazzamenti orientali coltivati a riso dell’Indocina.

Sono prevalentemente donne, giovani o avanti negli anni, a portare i carichi su schiene ricurve, spesso con figli avvolti in ampi foulard addossati al petto. I ruoli di genere sono chiari, come in quasi tutta l’Africa, e la scelta di GSI Italia, di privilegiare l’aiuto alle donne, trova in Etiopia conferma di scelta saggia, ove ce ne fosse stato bisogno. La pioggia diventa battente. La folla prosegue il suo cammino incurante. L’ombrello più usato e a disposizione immediata, sono le foglie di banano, sotto le quali si riparano anche tre persone.

La natura è rigogliosa e, in questa stagione, verde e colorata. Le stelle di natale gareggiano in altezza con i banani e le acacie esibiscono pennacchi gialli irti all’insù al massimo della fioritura.

Riscopro, attraversando i villaggi, bambini che giocano con palle di stracci tenuti insieme da un laccio e ruote di bicicletta senza copertone guidate virtuosamente con un bastoncino da bambini che non hanno mai visto una playstation ma che mostrano di divertirsi un mondo.

Ed è a bambini che è affidato il compito di pascolare le mucche tra gli abitanti dei villaggi del Dawro Konta che la carità dei frati francescani ha messo a disposizione delle famiglie più misere”.

Bastano 200 euro per acquistare una mucca in Etiopia, il Paese del Corno d’Africa nel quale la fame sta di casa e si coniuga spesso a morte per denutrizione cronica. In aggiunta Una mucca può rappresentare letteralmente la vita.

È in questa consapevolezza che i francescani di Addis Abeba in Etiopia, hanno chiesto a GSI Italia di essere aiutati nell’impresa di salvare nel 2022-23 300 famiglie con l’acquisto di 300 mucche

Ed è in risposta a questo invito, che GSI Italia lancia oggi tra i collezionisti e gli artisti italiani sensibili ai temi della povertà e della solidarietà internazionale, il programma MuccArt, con l’invito ad acquistare e a donare una mucca donando una opera di loro proprietà o da loro prodotta.

GSI Italia fornirà ad ogni donatore evidenza del momento della consegna della mucca, acquistata con la vendita all’asta delle opere messe a disposizione dagli artisti e collezionisti partecipanti alla campagna, alle famiglie beneficiarie e le sue coordinate.

Perché in Etiopia una mucca può realmente salvare la vita di una intera famiglia e l’arte può aiutarne la realizzazione!